mercoledì 20 febbraio 2008

Sarcasmo terminale

di Domenico Cara

Antonino Contiliano: Tempo spaginato. Chi-asmo, pp. 92, Ed. Polistampa, Firenze 2007.

In più apparenti derive, in uno stato pregettuale già avanzato e colto, Antonino Contiliano ritrova (con noi lettori del suo manifesto di poesia) se stesso, impigliato in una duttile e felice intensità di ricerca a dir poco performatica. Le radici dei suoi versi in questa nuova silloge: Tempo spaginato, iniziano il loro itinerario verso il basso (e la continuità implicita) con una morbidità imposta a ostinazione liricistica, lieve, limpida di senso e di conflitto; poi la testualità verticale dilaga per flussi complicati, nel dominio di un dettato esperto ed acuto, e su briosi o tesi intrugli di verbum critico, forse a scompiglio infinito e senza dubitazioni civili o ritmi monocordi e friabili. IL verso è avviluppato nelle sue novità libere e neo-gotiche, istanza dopo istanza; il confessarsi molteplice diventa riflessione testimoniale e insieme caustico esempio di sensi e volti del nuovo mondo, tra sospetto insidioso e una varietà (ispirativa?) che si addestrano categoricamente per capire l’irrisione e i grafi del proprio dettato e in tutto convinto del totale rien va del nostro tempo in ballo: solo arcobaleno e – intimamente – inferno sociale, politico, altro disfacimento aperto e completo. “La poesia: questo parlare all’infinito soltanto di mortalità e effimero!” (secondo Paul Celan) riaffronta l’immagine di più dissipazioni esistenziali, traumi (e chi-asmi) che impediscono la fedeltà a un diritto (e dovere) alla vita, altre interruzioni e deviate forme di possibile sogno qui arroventato in plurima voce. Antonino Contiliano, con i suoi poemetti, più che trasgressivi, a emergenza implicita, allea ai contenuti allusivi un’insoave ironia, contingenze lessicali anomale, striate di dissenso, frangenti oppositivi, collegamenti appassionati a una specificità ideologica disposta più all’invettiva che al dissidio sperimentale irresponsabile e al caos. In questo assedio emotivo e intellettuale, egli riscopre una suprema e forse istintiva necessità di ribellione e, quindi, un problema etico che diventa poesia distante da ogni altro possibile lirismo post-realista a disincanto epocale, tra spostamenti di segno e sfiducia di consolazioni, in sommovimenti estrosi o codici soltanto simbolici e dandy. “ il respiro della brezza, la tua distanza / desiderio del pensiero nell’osceno dominante / storia sdorata, spettacolo del disincanto / che brilla come una mina dell’ultima / notte, la tenda che chiude la finestra / alla banchina del sogno attraccata /fra gli acuti del faro nel porto sgomenti / per l’opposto reale sedotto e abbandonato / in panchina le armi della critica / e la quiete senza la tempesta dopo / e lo sdegno che si fuma in discoteca / …” (“La freccia del tempo, p. 31). “ quando i boschi si diradano alluvionati / e il cielo piange gli acidi della serra / e deserto umano le città sputano / barboni e mangiate di accattoni / e il mare oscura il canto della luna / e gli scogli gridano la stanchezza / e i fiumi fanno silenzio sulle sponde / e le cime reggae tra-montano la terra / d-anzando con il dolore degli indios / versato con i mandati bancari e gli uragani / e jazz gridato planano di contrazione / e scambi liberisti saccheggiano liberi / i poveri già schiavi per fame / e rapine slam tradiscono il mio Sud / e il vento è skylab di slang / e le spighe delirio di Van Gogh / fioriscono i campi di azzurro / e i confini dell’universo sparano / righe rughe finiti infiniti e foglie / gorgogliano di dissolvenza soglie faglie / dimore d’urti nel grido degli alberi” ( “Indios-rap, p. 38). Il verso informale ripartito in una serie di squarci e devianze sintattiche attraversa la topografia della negatività, la cui convulsa misura diventa gioco o snellito perturbativo, inguaribile vis di diversità e strategia di quei neologismi e macchie di irritabilità espressiva, più sofferta che adeguatezza ad un principio dada e – per più aspetti – registrazione greve di un sarcasmo terminale, attivo, versato con libera e clamorosa consapevolezza.

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