giovedì 11 febbraio 2010

Ong non-estinti poetry & Merkaba

Ong non-estinti poetry & Merkaba di Marsala

Venerdì 29 gennaio 2010, ore 21,30-22,30

dedica la serata delle letture poetiche a Fernando Pessoa

-Una sola moltitudine



Ong non-estinti poetry
Fabio D’Anna e Antonino Contiliano

Ingresso libero e libere letture. Ognuno legga le poesie che gli aggradano.

sabato 6 febbraio 2010

Tra il pesce pigiama e il pesce pagliaccio (pro palestinesi)


Chi non ha sentito in questi giorni il sollen (dovere) delle sbafarate, le dichiarazioni di “stato” democratico e liberale, supinamente elargite dal Presidente del Governo italiano al presidente di Israele Nietaniau,? Con quale coraggio e verità storica si può incensare democratico e liberale uno Stato e un Governo, quello israeliano, che applica al popolo palestinese la patente di combattenti terroristi, quando utilizzano, da più di mezzo secolo, nei confronti di quella gente e della loro terra una politica di guerra predatoria, colonizzante, espropriatrice e genocida?
Israele è uno Stato e un Governo che applica ai palestinesi gli stessi metodi per cui il popolo ebraico, oggi, celebra la Shoah (lo sterminio curato dai nazisti nei loro confronti, l’OLOCAUSTO)! E, alla sua dissidenza interna, non consente espressione pubblica, così come i media italiani governativi non danno spazio alle ragioni della “resistenza” palestinese tranne che per bla-bla-dire-disdire che bisogna adoperarsi per riprendere il tavolo delle trattative di pace…
Il territorio palestinese, o quel che gli resta come una riserva indiana (non a caso lo Stato israeliano, oggi, gioca il ruolo di avamposto americano in medioriente e dell’ala della destra occidentale ed europea, nonché del moderatismo dei padroni del ricco mondo di certi sceicchi), è infatti un ghetto e un campo di tiro a bersaglio sicuro per la micidiale macchina bellica israeliana annientatrice.
Non solo! Asserragliati, sono deprivati della loro economia, dell’energia, della loro acqua (gli israeliani deviano le vene d’acqua), della libertà di movimento, degli aiuti umanitari (convogli dell’Onu e della Croce rossa) con i loro aiuti alimentari e medicinali sostano per settimane bloccati ai cech point prima di essere rimandati indietro. Non hanno il permesso di superare lo sbarramento per portare aiuto ai sofferenti, agli ammalati, alla popolazione palestinese, attorno a cui vengo eretti muri reali o campi di concentramento a cielo aperto.
E nonostante queste cose si sanno (popoli e governi), gli italiani, per mezzo dei suoi rappresentanti, di governo e di opposizione, profondono, prosternati, legittimità democratica e liberale a Israele! E Israele ha centrali nucleari e deterrenza atomica, e altrettanta potenza di armi convenzionali e non convezionali come i palestinesi (muniti di pietre e razzi da giochi d’artificio) non hanno, e non possono mai avere. Ma nessuno ha mai chiesto, come hanno fatto con Iran e Corea del Nord, ispezioni punitive o deliberato embarghi o isolamenti internazionali.
Ma dove sono anche le voci degli intellettuali di questo nostro paese dei giochi di tv e sedativi sculettanti tra veline e veleni di ogni genere carnevalesco!
Come si può consentire, senza battere ciglio, a un Primo ministro (dittatorello baluba), e ai suoi accoliti (non ultimo il ministro dell’INGIUSTIZIA), di dire che rappresenta e parla in nome del popolo italiano tutto. È talmente analfabeta o in spudorata malafede e impunità (non è un caso che sia la primula delle impunità) che mescola la RAPPRESENTANZA di una maggioranza (repubblichina) con la PRESENZA di un Popolo intero.
Non mi rappresenta né Lui, né il suo Governo, né l’inesistente opposizione di chi opposizione non fa e alternative non propone.
La Palestina, oggi, è come Haiti. Una terra dove si muore di stenti, di privazioni, di emarginazione, di povertà, di disoccupazione, di sterminio dei diritti e della stessa vita ad opera di chi della vita e dei diritti vorrebbe, invece, farsi una bandiera liberale e perbenista, mentre favorisce la libera circolazione delle merci impedendo quella delle persone e del popolo dei migranti, sottoposti a nuove leggi razziali e al terrore dell’antiterrorismo e della sicurezza o dell’in-tolleranza della civiltà umanistico-cattolico-borghese.
“Umanismo o terrore”? Nessun “umanismo” al posto del “terrore”! La bandiera di questi stragisti di professione – che governano il mondo del capitale liberale e della presunta democrazia borghese-repubblicana, ovvero il regime della maggioranza ormai allo sfascio e nel vuoto di qualsiasi rappresentanza che non sia quella del proprio e dei propri compagni di merenda.
Semmai, il loro spot politico può essere solo quello, indegnamente praticato e capovolto di “Virtù e Terrore” dei rivoluzionari francese della pasta di Robespierre e Saint Just. Quelli avevano in mente e nella prassi una nuova società: quella della libertà nella fratellanza e nell’eguaglianza. Questi nostrani omuncoli di governo liberista praticano il “Terrore” senza la “Virtù”, e hanno solo la carta d’identità della schiavitù altrui per la conservazione del proprio stile di vita e di rappresentanza populistica come interesse generale e cinica “governante”. Per loro i crimini della loro violenza e della loro guerra, come anche il diritto del loro potere e della loro sopraffazione (impunita) sono benemeriti di civiltà e umanità, e pronti a “fare dello sterminio degli ebrei da parte dei nazisti l’Evento unico e sacro del XX secolo; dell’antisemitismo, il contenuto destinale della storia europea; della parola “ebreo" la designazione vittimaria di un assoluto di ricambio; e della parola “arabo”, appena velata sotto quella di “islamico”, la designazione del barbaro. Da questi assiomi risulta che la politica coloniale dello stato d’Israele è un avamposto della civiltà democratica, e l'e¬sercito americano l’ultimo garante di un mondo accettabile”. (Alain Badiou, Il secolo).
Dov’è l’antagonismo della sinistra e degli intellettuali? L’eterno presente della fine della storia, gli ha mozzato il fiato e la lingua? La “rassegnazione” è dei “preti” (Breton). La contraddizione fondamentale (Mao), e nessuna delle contraddizioni fra il popolo sono state affrontate e risolte da divinità alcuna. Ribellarsi è un diritto, e Berlusconi non è certo l’espressione del dolore per la sorte e il genocidio in itinere dei palestinesi!
Se nell’agorà politica non c’è “rumore” – sottolineava Montesquieu –, la democrazia è morta!

Nel “campo” akashico un nuovo modello di coesistenza


Incontro con Ervin László



L’UNESCO di Trapani, nella sua sede di Erice, ospita ancora una volta il filosofo della scienza Ervin László. È il 30 gennaio 2010. L’iniziativa è del gruppo dirigente dell’UNESCO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione e la Scienza) trapanese, e precisamente nella persona del suo Presidente, Dott. Vincenzo Bandi, e del Dott. Vincenzo Garaffa, Vicepresidente. L’incontro con il filosofo (nato a Budapest nel 1932) della scienza e pianista, due volte candidato al Nobel per la Pace, si svolge in un contesto dialogico che affronta il pensiero dell’autore maturato e reso pubblico tramite il libro LA SCIENZA ED IL CAMPO AKASHIKO (URRA Edizione).
Invitati (unitamente al dr. V. Bandi e V. Garaffa), a discutere con Ervin László sono: il prof. Rosolino Buccheri (astrofisico CNR- Palermo), il prof. Armando Vitrano, il dr. Paolo Calabresi e Antonino Contiliano (presentato all’ospite e al pubblico presente come poeta e filosofo).

Vale ricordare che il prof. László è anche Presidente del Club of Budapest International, e tra gli attori e protagonisti del progetto “Globale 2012”. Il progetto è una rete planetaria finalizzata a una coscienza, atta a favorire una grande sintesi delle conoscenze e delle esperienze per riunirle in un modello unitario che inglobi l’essere umano, la società e il pianeta secondo i criteri della complessità scientifica, la giustizia umana e la saggezza spirituale.
Incalzato dai partecipanti alla discussione e al dialogo, infatti, il filosofo riprendeva continuamente l’IDEA scientifica e insieme utopica di questo progetto “Globale 2012”, la quale si trova anche al centro delle riflessioni e delle argomentazioni del suo libro, LA SCIENZA ED IL CAMPO AKASHIKO. Un’idea di unitarietà, di relazione e di connessione reciproca di tutti gli elementi della vita del nostro universo che fa sì che ognuno è PARTE e non sovrano assoluto con il diritto e il potere di sottomettere cose, animali e simili al proprio uso e consumo.
Non è un caso che una delle parole che significa il titolo del libro del prof. László è infatti Akashiko. Akashiko è vocabolo sanscrito che significa: “spazio, etere, cielo o 7° cielo, e nei sacri testi della tradizione indiana del VI° secolo a. C., designa una dimensione superiore da cui tutti proveniamo e a cui dobbiamo tornare, nonché la dimora del Supremo”. Non è altresì casuale che l’altra vocabolo significante è la parola “campo”, il termine semantico, cioè, che è proprio del “paradigma” della scienza “quanto-relativistica”. Campo, in questo modello scientifico, è infatti, come l’ Akashiko indiano, una strutturazione di relazioni tra tutti gli elementi del campo quantistico. L’insieme delle CONNESSIoni che come PARTI vivono in quanto coesistono e reciprocamente interagiscono in maniera autonomia e dipendenza; parti sottoposte a una logica plurale, e ognuna come indispensabile all’altra nel rispetto dei limiti che la RELAZIONE comporta. Le logiche delle relazioni comunicano e significano solo entro le regole di una sistema complesso in funzione.
Un modello logico-matematico e scientifico – paradigma – o insieme di teorie, procedure e metodi di analisi che (unitamente alle connesse dimensioni antropologiche, sociologiche, politiche, etiche…delle diverse società umane terrestri) – diceva László – la comunità scientifica vorrebbe trasferire come praticabilità della comune vita planetaria.
Un paradigma, in altre parole, che, per analogia, si propone anche come una “visione” o “cosmo-visione” (come ha sottolineato chi scrive durante il suo intervento). Una concezione e una costruzione che richiede non scienza, immaginazione e una progettualità etico-politica alternativa, collettiva. L’esempio (in tal senso) del mondo delle CONNESSIONI quantistiche – il campo – o quello di presentarsi “banca che presta senza interesse” è quanto mai lampante del funzionamento co-operativista e democratico collettivo della natura. Lo scambio energetico di emissioni e riassorbimento tra le particelle delle vibrazione atomiche, noto come “free lunch”, è infatti un pranzo comune e libero o senza profitto, come sottolineava lo scrivente nel corso del dibattito.
Per un breve lasso di tempo e, diversamente dal capitalismo neoliberista degli attuali padroni del mondo e signori della guerra, le CONNESSIONI della natura mostrano come sia possibile anteporre il bene di tutti di tutti gli elementi in gioco. E all’orizzonte storico politico c’è anche una scommessa in tal senso. È la coraggiosa, nuova ed esemplare rivoluzione che Bolivia ed Ecuador, già fin dal 2008, hanno messo in atto dichiarando, nella loro nuova Carta Costituzionale, la Natura “Soggetto di diritto” e gli uomini, tutti, egualmente “parte”.
Il nostro mondo capitalistico, invece, preferisce ancora, come gli ha insegnato il pensiero cristiano-cattolico e liberale-borghese, che il “bipide implume” e “scimmia” battezzata e civilizzata è il solo padrone e signore del “creato”, e che a rimediare alle catastrofi, se ne ha voglia, c’è sempre una divinità disponibile.

C’ è un pianeta da salvare e la sua bio-polis?

Occorre occuparsi delle tarme!


Il filosofo della scienza (e anche pianista) Ervin László (nato a Budapest nel 1932), esperto pure di teoria dei sistemi, è a Trapani. Siamo nella serata del 16 gennaio 2010. László è ospite della “Fondazione Pasqua 2000” in occasione di “una cena per nutrire la cultura”. La serata è stata organizzata da Don Liborio in uno dei saloni del seminario di Trapani. Il filosofo Ervin ha pubblicato circa 75 libri e oltre quattrocento pubblicazioni scientifiche. In atto, al centro delle sue ricerche, è la questione della grave crisi climatico-energetica-ambientale. E su questo va in giro in Europa e altrove per conferenze e dibattiti. Per ora si trova a Trapani. Come ha dichiarato, durante la serata della “cena per la cultura” del 16 gennaio 2010, è in Sicilia sia per un periodo di vacanza, che di ricerca sull’ambiente e le fonti energetiche alternative. Durante la serata, dopo aver rivolto il saluto ai convitati, ha esternato anche il suo compiacimento ed apprezzamento per la natura siciliana, la sua cultura, la sua storia, gli amici, la calorosa accoglienza e incomparabile ospitalità con cui è stato accolto.
Il filosofo, recentemente (dicembre 2009), invitato dall’UNESCO trapanese, nella persona del suo attuale Presidente Vincenzo Bandi (Preside/Dirigente), e su iniziativa del Dott. Vincenzo Garaffa, è stato, pure, il relatore di una ricca e documentata conferenza-dibattito sull’attuale situazione di crisi energetica, climatica ed ambientale planetaria. L’incontro, presenti studenti e Cittadinanza, si è svolto nell’Aula Magna del Polo Universitario trapanese. Candidato al Nobel per la Pace e Presidente del Club of Budapest International è tra gli attori e protagonisti del progetto “Globale 2012”. Il progetto è una rete planetaria finalizzata a una coscienza, atta a favorire una grande sintesi delle conoscenze e delle esperienze per riunirle in un modello unitario che inglobi l’essere umano, la società e il pianeta secondo i criteri della complessità scientifica, la giustizia umana e la saggezza spirituale. La Terra, nei prossimi anni, aggredita dalla rapacità del modello economico-sociale capital-liberistico, sarà sottoposta ad instabilità critica ambientale e sociale tale, che se non si interviene in tempo segnerà la fine di ogni forma di vita sul pianeta, almeno così come ora noi la conosciamo. László, filosofo della scienza e della teoria dei sistemi, propone insomma un modello “olistico” o comprensivo di una interazione interdipendente, necessaria e ineludibile tra l’attività dell’uomo e il suo ambiente planetario. Ritiene che, per maturare una coscienza universale di nuovo tipo eco-sistemico totale e integrato, siano le coscienze individuali l’unica strada percorribile. “Macro Schift” è il nome espressivo che qualifica il raggiungimento di questa “massa critica”, ovvero l’unitarietà e l’unità delle coscienze individuali in grado di cambiare la visione del mondo ed il modo in cui l’umanità si rapporta ad esso. Noi siamo altresì convinti che, per una svolta radicale, è indispensabile che la maturazione delle coscienze individuali si accompagni al cambio di modello economico e sociale.
Il fallimento del protocollo di Kyoto (la riduzione delle sostanze inquinanti, cfc, etc.), come ebbe a sostenere chi scrive, durante l’incontro-dibattito al “Polo Universitario di Trapani”, dopo che il filosofo László aveva illustrato la gravità della crisi con grafici e percentuali, è opera soprattutto degli “Stati” capitalisti o del “primo mondo” e del loro modello di sviluppo. Se al fallimento di “Kyoto”, aggiungiamo quello di Copenhagen (ultimo summit in ordine di tempo sul clima), allora la nostra preoccupazione è maggiormente avvalorata.
Nessuna variazione nello stile di vita delle persone se non c’è, simultaneamente, un cambio di modello socio-economico e di “governance”, quel misto di cinismo politico e dittatura populistica che ha svuotato di qualsiasi significato ogni “rappresentanza della volontà generale” per privatizzare e mercantilizzare ogni cosa! Il filosofo Slavoj Žižek, nella sua opera “In difesa delle cause perse- Materiali per la rivoluzione globale”, dice che puntare al risanamento solo mediante la riconversione di una “industria pulita” è cosa insufficiente.
Il “primo mondo”, in poche parole, non vuole farne le spese! Anzi, continua a vendere tecnologie inquinanti (non più usate in patria) ai paesi poveri, e dichiara di non avere abbastanza soldi per il disinquinamento, lì dove a Copenhagen sono stati fatti i conti (che risultano sostenibili). I costi aggiuntivi (necessari per contenere (entro il 2030) la temperatura fra il 2,0 e 2, 4 gradi centigradi) sono, infatti, modesti. E lo sono a fronte delle spese per gli armamenti o degli investimenti per salvare le banche dall’ultima crisi finanziaria.
“Secondo alcuni basterebbe destinare l’1% del Pil mondiale all’anno (810 miliardi di dollari) per abbattere del 70% la CO2 entro il 2030 (secondo altre stime ci vorrebbe tra il 2/3%. Ma la Fed e il Tesoro degli Stati Uniti hanno impegnato 12 miliardi di dollari (ma hanno speso solo 2.000 miliardi dollari) per salvare mercati finanziari e industrie decotte” (Paolo Cacciari, Il day after di Copenhagen, in Carta/Cantieri sociali, XII, n. 1, 15/21 gennaio 2010, pp. 28-31).
Gli Usa, per il 2008, hanno speso 800 miliardi di dollari per gli armamenti, equivalenti a 3miliardi di euro al giorno, pari a 424 euro pro capite (in Italia al 2% del Pil). Si investo 18 mila miliardi per salvare le banche dalla crisi finanziaria (la “finanza creativa”!), e i governi nazionali e i loro G8/20 dicono di non essere in grado di trovare tra 10 e 30 miliardi di dollari all’anno (fonte Onu) per l’istruzione dei bambini e delle bambine.
Nel mondo le persone senza casa (per non tener conto di quelli che moriranno per fame e sete: circa due miliardi nei prossimi anni) sono più di un 1 miliardo, e per il “2020 la popolazione in queste condizioni crescerà del 70% (responsabili Fmi e Bm); in Italia più del 20 % della popolazione vive in affitto; sono 4 milioni le famiglie che faticano a pagare l’affitto…i canoni pesano più del 50% sul reddito; nel 2088 sono state 140 mila le richieste di sfratto, e 53 mila le sentenze e 25 mila le esecuzioni” (Anna Pizzo, Movimenti urbani cercano casa. Un fenomeno mondiale, in Carta/Cantieri sociali, XI, n. 46, 24 dic. 2009/ 14 gen. 2010, p. 38).
Eppure le agenzie finanziarie continuano a spremere i paesi poveri. All’inizio degli anni Novanta i paesi poveri inviavano più di 4 miliardi di dollari al mese ai propri creditori solo per pagare gli interessi del debito estero. Con il pagamento del debito (+ interessi) stesso, stiamo parlando di 12.500 milioni di dollari al mese.

C’ è un pianeta da salvare e la sua bio-polis?