sabato 6 febbraio 2010

C’ è un pianeta da salvare e la sua bio-polis?

Occorre occuparsi delle tarme!


Il filosofo della scienza (e anche pianista) Ervin László (nato a Budapest nel 1932), esperto pure di teoria dei sistemi, è a Trapani. Siamo nella serata del 16 gennaio 2010. László è ospite della “Fondazione Pasqua 2000” in occasione di “una cena per nutrire la cultura”. La serata è stata organizzata da Don Liborio in uno dei saloni del seminario di Trapani. Il filosofo Ervin ha pubblicato circa 75 libri e oltre quattrocento pubblicazioni scientifiche. In atto, al centro delle sue ricerche, è la questione della grave crisi climatico-energetica-ambientale. E su questo va in giro in Europa e altrove per conferenze e dibattiti. Per ora si trova a Trapani. Come ha dichiarato, durante la serata della “cena per la cultura” del 16 gennaio 2010, è in Sicilia sia per un periodo di vacanza, che di ricerca sull’ambiente e le fonti energetiche alternative. Durante la serata, dopo aver rivolto il saluto ai convitati, ha esternato anche il suo compiacimento ed apprezzamento per la natura siciliana, la sua cultura, la sua storia, gli amici, la calorosa accoglienza e incomparabile ospitalità con cui è stato accolto.
Il filosofo, recentemente (dicembre 2009), invitato dall’UNESCO trapanese, nella persona del suo attuale Presidente Vincenzo Bandi (Preside/Dirigente), e su iniziativa del Dott. Vincenzo Garaffa, è stato, pure, il relatore di una ricca e documentata conferenza-dibattito sull’attuale situazione di crisi energetica, climatica ed ambientale planetaria. L’incontro, presenti studenti e Cittadinanza, si è svolto nell’Aula Magna del Polo Universitario trapanese. Candidato al Nobel per la Pace e Presidente del Club of Budapest International è tra gli attori e protagonisti del progetto “Globale 2012”. Il progetto è una rete planetaria finalizzata a una coscienza, atta a favorire una grande sintesi delle conoscenze e delle esperienze per riunirle in un modello unitario che inglobi l’essere umano, la società e il pianeta secondo i criteri della complessità scientifica, la giustizia umana e la saggezza spirituale. La Terra, nei prossimi anni, aggredita dalla rapacità del modello economico-sociale capital-liberistico, sarà sottoposta ad instabilità critica ambientale e sociale tale, che se non si interviene in tempo segnerà la fine di ogni forma di vita sul pianeta, almeno così come ora noi la conosciamo. László, filosofo della scienza e della teoria dei sistemi, propone insomma un modello “olistico” o comprensivo di una interazione interdipendente, necessaria e ineludibile tra l’attività dell’uomo e il suo ambiente planetario. Ritiene che, per maturare una coscienza universale di nuovo tipo eco-sistemico totale e integrato, siano le coscienze individuali l’unica strada percorribile. “Macro Schift” è il nome espressivo che qualifica il raggiungimento di questa “massa critica”, ovvero l’unitarietà e l’unità delle coscienze individuali in grado di cambiare la visione del mondo ed il modo in cui l’umanità si rapporta ad esso. Noi siamo altresì convinti che, per una svolta radicale, è indispensabile che la maturazione delle coscienze individuali si accompagni al cambio di modello economico e sociale.
Il fallimento del protocollo di Kyoto (la riduzione delle sostanze inquinanti, cfc, etc.), come ebbe a sostenere chi scrive, durante l’incontro-dibattito al “Polo Universitario di Trapani”, dopo che il filosofo László aveva illustrato la gravità della crisi con grafici e percentuali, è opera soprattutto degli “Stati” capitalisti o del “primo mondo” e del loro modello di sviluppo. Se al fallimento di “Kyoto”, aggiungiamo quello di Copenhagen (ultimo summit in ordine di tempo sul clima), allora la nostra preoccupazione è maggiormente avvalorata.
Nessuna variazione nello stile di vita delle persone se non c’è, simultaneamente, un cambio di modello socio-economico e di “governance”, quel misto di cinismo politico e dittatura populistica che ha svuotato di qualsiasi significato ogni “rappresentanza della volontà generale” per privatizzare e mercantilizzare ogni cosa! Il filosofo Slavoj Žižek, nella sua opera “In difesa delle cause perse- Materiali per la rivoluzione globale”, dice che puntare al risanamento solo mediante la riconversione di una “industria pulita” è cosa insufficiente.
Il “primo mondo”, in poche parole, non vuole farne le spese! Anzi, continua a vendere tecnologie inquinanti (non più usate in patria) ai paesi poveri, e dichiara di non avere abbastanza soldi per il disinquinamento, lì dove a Copenhagen sono stati fatti i conti (che risultano sostenibili). I costi aggiuntivi (necessari per contenere (entro il 2030) la temperatura fra il 2,0 e 2, 4 gradi centigradi) sono, infatti, modesti. E lo sono a fronte delle spese per gli armamenti o degli investimenti per salvare le banche dall’ultima crisi finanziaria.
“Secondo alcuni basterebbe destinare l’1% del Pil mondiale all’anno (810 miliardi di dollari) per abbattere del 70% la CO2 entro il 2030 (secondo altre stime ci vorrebbe tra il 2/3%. Ma la Fed e il Tesoro degli Stati Uniti hanno impegnato 12 miliardi di dollari (ma hanno speso solo 2.000 miliardi dollari) per salvare mercati finanziari e industrie decotte” (Paolo Cacciari, Il day after di Copenhagen, in Carta/Cantieri sociali, XII, n. 1, 15/21 gennaio 2010, pp. 28-31).
Gli Usa, per il 2008, hanno speso 800 miliardi di dollari per gli armamenti, equivalenti a 3miliardi di euro al giorno, pari a 424 euro pro capite (in Italia al 2% del Pil). Si investo 18 mila miliardi per salvare le banche dalla crisi finanziaria (la “finanza creativa”!), e i governi nazionali e i loro G8/20 dicono di non essere in grado di trovare tra 10 e 30 miliardi di dollari all’anno (fonte Onu) per l’istruzione dei bambini e delle bambine.
Nel mondo le persone senza casa (per non tener conto di quelli che moriranno per fame e sete: circa due miliardi nei prossimi anni) sono più di un 1 miliardo, e per il “2020 la popolazione in queste condizioni crescerà del 70% (responsabili Fmi e Bm); in Italia più del 20 % della popolazione vive in affitto; sono 4 milioni le famiglie che faticano a pagare l’affitto…i canoni pesano più del 50% sul reddito; nel 2088 sono state 140 mila le richieste di sfratto, e 53 mila le sentenze e 25 mila le esecuzioni” (Anna Pizzo, Movimenti urbani cercano casa. Un fenomeno mondiale, in Carta/Cantieri sociali, XI, n. 46, 24 dic. 2009/ 14 gen. 2010, p. 38).
Eppure le agenzie finanziarie continuano a spremere i paesi poveri. All’inizio degli anni Novanta i paesi poveri inviavano più di 4 miliardi di dollari al mese ai propri creditori solo per pagare gli interessi del debito estero. Con il pagamento del debito (+ interessi) stesso, stiamo parlando di 12.500 milioni di dollari al mese.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Caro Antonino, ho riletto attentamente la tua sintesi di quanto detto da Lazlo durante la sua visita. Condivido largamente le sue tesi e anche gli intenti e vorrei partire proprio da una nota riguardante le costituzioni della Bolivia e dell'Ecuador, che sono impostate in modi radicalmente diversi dalle costituzioni occidentali sostanzailmente modellate su quella della rivoluzione francese; apro qui una piccola parentesi per dire che anche quelle del socialismo reale si rifacevano sostanzailmente a quel modello, pur non applicandolo integralmente.
Non voglio dire ocn questo che la rivoluzione francese e ciò che ne seguì sia da dimenticare, tutt'altro, ma è indubbio che nei due oaesi citati è avvenuto qualcosa che merita la massima attenzione. Per la prima volta in una costituzione moderna, si afferma un concetto che pone un limite alla specie umana e roverscia il ocnetto cristiano da te ricordato, secondo il quale il bipide umano sarebbe in sostanza il re dell'universo, dio al posto di dio dopo Niestchte.
Questo concetto mi sembra superiore a quello espresso per esempio alcuni decenni fa da parte del Club di Roma di Peccei, che sollevava la questione del limite, solo in termini di calcolo economico delle risorse e del loro esaurimento. Molte di quelle previsioni, fra l'altro erano sbagliate perchè la natura è molto più forte e imprevedibile di quanto noi pensiamo. Invece, il ocncetto di limite deve essere espresso e rivendicato come necessità a prescindere dall'esaurimento delle fonti energetiche o meno ma come criterio etico che deve tradursi in politiche conseguenti. Va da sè che questo coinvolge in modo ancor puù marcato il problema dell'essenza criminale dell'ec0 n9mia cpaitalistica, che distrugge ogni regola e si pone comne orizzosnte il travalicamente di qualsiasi vincolo e regola.