lunedì 12 aprile 2010

Roberta Matera intervista Nino Contiliano


Marsala c’è intervista Nino Contiliano sulla sua ultima opera letteraria
a cura di Roberta Matera.





L’ultima intervista fatta al poeta marsalese Antonino Contiliano risale alla fine dell’estate 2009. Il nostro giornale, allora, lo aveva sentito su due particolari avvenimenti. Uno riguardava i risultati della sua attività di animatore delle serate estive poetiche “Ong non-estinti poetry” sullo scoglio marsalese – le note “2rocche” – di Capo Boeo. L’altro toccava la sua produzione culturale e poetica. In questo caso, nello specifico, la nostra intervista ruotava attorno al riconoscimento che la Città di Sassari, con il premio di poesia – “L’isola dei versi” (Sassari, Ottobre in poesia) –, gli aveva attribuito per la sua opera collettiva – ‘Elmotell blues (Navarra Editore, Marsala). Il poeta aveva, infatti, ricevuto il primo premio per la sezione delle opere edite. Ma da allora ad oggi, il poeta-filosofo – come lo presenta il critico Stefano Lanuzza nelle sue opere ( Erranze in Sicilia 2003; Insulari- Romanzo della letteratura siciliana 2009) – ha continuato il suo impegno e acquisito altri risultati. Ed è su questo che intendiamo rivolgergli qualche domanda. Anche perché il nostro giornale, pubblicandone gli scritti, via via ha avuto modo di seguirne il ventaglio tematico e le pubblicazioni (dibattiti, poesie, saggistica) tradizionali e on-line.

D. 1 – Ancora una volta, con il suo amico Avv. Fabio D’Anna, quest’anno, con scadenza mensile e presso il Merkaba di Marsala, si è impegnato a continuare (fino a giugno 2010) le serate poetiche “Ong non-estinti poetry”. Il vostro diario ha previsto incontri con i testi di Ferdinand Pessoa, Ossip Mandel’štam, Ezra Pound, Bertolt Brecht, Paul Celan e Ferdinand Céline. A marzo 2010, per i Quaderni di “Collettivo R / Atahualpa”, accompagnandosi a una nota introduttiva del prof. Sergio Pattavina (docente di letteratura presso l’Università di Palermo), esce la sua nuova opera poetica Ero (s)diade / La binaria dell’Asiento. Ci vuole dire se c’è un rapporto tra i due avvenimenti, e sintetizzarci qualcosa intorno al titolo del suo libro e del suo contenuto?

R. 1 - Non solo c’è un’ideale continuità significativa tra queste letture serali, dedicate a poeti del Novecento (anche contemporanei e viventi) e il mio ultimo libro, ma c’è una vera e propria consonanza politico-culturale. Una consonanza che, se da un lato, sul piano del linguaggio poetico, si esercita come un discorso di simbolizzazione allegorizzante e di senso “rivoluzionario” rispetto alla quotidianità e agli stereotipi circolanti, dall’altro Ero(s)diade / La binaria dell’Asiento, tra lirica, ironia e satira dissacrante, è un vero attacco all’ordine del potere delirante e nefasto dei nostri giorni siciliani, italiani, europei, planetari. Nefasto, questo potere capitalistico e liberistico, perché riporta indietro le lancette della storia, della democrazia e delle conquiste dei diritti umani della stessa “visione” liberale della società. Nefasto perché vuole un recinto di schiavi adusi alla velocità senza riflessione e profondità critica, senza pensiero. Non ama e non accetta infatti soggetti di pensiero e azione critici. La poesia delle nostre serate “Ong non-estinti poetry” e quella dei testi Ero(s)diade / La binaria dell’Asiento, invece, è per una storia di soggetti eguali e liberi. Soggetti capaci di azioni e pensiero – una riflessività larga e profonda (negata e impedita nella società del consumo e del mercato dei significati omologanti) –, e volti alla cooperazione dell’essere-insieme plurale. E in/con questa potenza cooperativa orizzontale, soggetti sociali intesi a pensieri e azioni coerentemente critico-conflittuali. Non ci attira lo zuccherino o la trappola per topi della raccolta attorno alle emozioni facili e svianti delle società del consumo e delle “privatizzazioni”. Il “contenuto”, se così si può dire di Ero(s)diade / La binaria dell’Asiento, è esattamente il contrario rivoluzionario del terrorismo e razzismo di stato dei padroni del potere. Il potere che colpisce e smembra i beni comuni, l’amore, i legami sociali quanto il patrimonio dei beni culturali e quello paesaggistico locale e non locale. Il potere che si arroga il diritto di decidere e della vita e della morte di ognuno e di ogni cosa. Il potere che dallo sfruttamento del lavoro e della natura è passato alla disciplina e al controllo della biopolitica e del biopotere, e contro cui Michel Foucault e Gilles Deleuze hanno previsto un intellettuale né più chierico di partito, né maestro di coscienze, ma un soggetto come un altro che lotta direttamente e per una società senza gerarchie sociali. Il mio libro di testi poetici Ero(s)diade / La binaria dell’Asiento si muove in questo orizzonte di pensiero e di azione, e in certi testi parla anche di quanto (beni comuni paesaggistici e non), anche nella nostra Città/territorio, non sfugga al nefasto del marketing e del profitto liberticidi.

D. 2 – Abbiamo letto più volte della sua attività saggistica e di un’altra pubblicazione più complessa che intreccia la teoria letteraria e l’impegno – engagement – poetico con le ricerche scientifico-filosofiche e financo con la stessa critica dell’economia politica marxista. Ci può dire quali relazioni possono rapportare saperi che, a prima vista, sembrano essere distanti l’uno dall’altro?

R. 2 – La ricerca saggistica ha accompagnato, fin dalle prime pubblicazioni, la mia scrittura poetica e il tipo di sperimentazione linguistica che la connota. Dai tempi della rivista “Impegno 70” prima, poi “Impegno 80”, a “Spiragli”, a “Fermenti” (Roma), a “Salvo imprevisti” e “Collettivo R / Atahualpa” (Firenze) e alle nuove riviste elettroniche (come www.retididedalus.it, www.vicoacitillo.it, www.retroguardia.it, www.overleft.it, www.stilos.it...) di oggi, la pubblicazione saggistica è abbastanza presente. Ho già pubblicato (ne ricordo solo alcuni): Poesia e follia: corpo e ombra (Salvo Imprevisti, 1988/1989), Filosofie della poesia: L’“effetto farfalla” ( Molloy, Firenze 1991); Sulle rovine e le tracce di un sogno ininterrotto (Spiragli, Marsala 1997); Antigruppo siciliano - frammenti di storia, avanguardia e impegno (www.vicoacitillo.it, Napoli, 2003); Preveggenze nel sapere po(i)etico di Dante- Dalle sfere di Dante all’ipersfera di Riemann (Fermenti, Roma 2009); Il soggetto poetico nell’economia cognitiva (Fermenti, Roma 2009), Simmetrie rotte. La curva di Koch. Il soggetto collettivo / Poesia e avanguardia impegnata (www.vicoacitillo.it / Napoli, 2010); Fare poesia in Sicilia (www.bollettario.blogspot.com / «Bollettario», XXI, n. 61, gennaio 2010). Per quanto riguarda il rapporto tra il sapere della poesia e quello delle scienze (in generale), utilizzando lo strumento dell’analogia, potrei dire, in breve, che condividono una comune capacità di astrazione immaginativa, comuni strumenti retorici di indagine (come le metafore, il principio di somiglianza, contraddizione…), e la capacità costruttiva di mondi e modelli alternativi. Universi del discorso plurisignificativi che arricchiscono la conoscenza quanto la capacità pratica dei soggetti in un contesto storico determinato. Un altro saggio – “Per una critica dell’economia poetica dell’io” –, confluito poi nel più ampio lavoro Simmetrie rotte. La curva di Koch. Il soggetto collettivo / Poesia e avanguardia impegnata, utilizzando un ulteriore percorso ana-logico, tenta di decostruire quanto di sostanzializzato e ossificato rimane ancora nell’universo (linguaggio e sapere) del discorso della poesia. Qui, infatti, come nell’economia politica capitalistica, la coscienza individuale atomizzata (l’Io) si comporta come l’io capitalistico rispetto all’attività produttiva e ai suoi “costrutti”. Entrambi proprietari esclusivi del prodotto immesso nel mercato comunicativo. Per uno, l’artefatto (merce) è unicamente di sua proprietà, e il suo valore è tale solo in quanto valore di scambio finalizzato al profitto individualisticamente godibile ad usum delphini. Per l’altro, l’artefatto (poesia) è tale solo se interiorità (magari angosciata e abbandonata…) liricizzante e di sola proprietà dell’Io. Un lirismo tutt’al più esposto sui banchi del mercato “ingenuo e sentimentale” (Friedrich Schiller) ma ad uso e consumo della sola soggettività privata. E quest’ultima sempre più spesso ridotta all’ineffabilità o, peggio ancora, rinchiusa nell’emozionalità becera e sedativa (disciplina e controlla) della spettacolarizzazione estetizzante odierna.

D. 3 – Per finire un’altra domanda. Leggendo i vari interventi da lei fatti in diverse occasioni e ascoltando le cose che ci dice in questa pur breve e sintetica chiacchierata, ci sembra che nel suo discorso corra un implicito punto di vista che fa parlare insieme economia, politica, beni comuni e poesia. E, per non rimanere troppo nel vago, ci riferiamo ai suoi interventi contro la privatizzazione dell’acqua, al suo incontro (UNESCO, Erice 2009) con il filosofo della scienza Ervin László o ai titoli di alcuni suoi saggi (qui citati) come soggetto poetico, soggetto collettivo, economia cognitiva, avanguardia impegnata, etc.

R. 3 -Brevemente (ci vorrebbe più tempo e spazio…per simili argomenti). Come l’acqua, la terra, l’aria…sono beni comuni di/per tutti gli uomini, dunque non privati né privatizzabili, così beni comuni sono il sapere, la conoscenza, la lingua, la cultura, la poesia e l’arte. Personalmente, con argomenti e testi di poesia, scelgo di “combattere” per la difesa dei beni comuni e un’economia politica e culturale collettiva. Un modo d’Esser-ci, quest’ultimo, sottratto alla legge del valore del mercato, della rapina e dell’uso del mondo come profitto del mercato dei privati, delle multinazionali, delle banche e delle borse finanziarie. Con il filosofo della scienza Ervin László ci siamo trovati perfettamente in linea su questo punto: è necessario per il bene di tutti e ciascuno che il mondo scelga un altro paradigma o modello/stile di vita rispetto a quello della privatizzazione e della scienza subordinata al mercato del profitto e all’individualismo. Sì che è necessario e urgente ripristinare il valore del bene collettivo e del soggetto collettivo oltre gli schemi della verticalizzazione e della gerarchizzazione del passato. Non si può più permettere di mortificare il senso prioritario del “noi” e della prassi sociale plurale direttamente democratica. Al di fuori non c’è vita per nessuna individualità separata, soprattutto se ammalata della “libido dominandi” (S. Agostino). Il soggetto collettivo della poesia e la poesia stessa, decidendo di lasciare le stanze dell’intimità lirica isolazionistica per “mescolarsi” con l’esterno e la sua materialità storica, così almeno crediamo, è sicuramente un stimolo non indifferente in questa direzione. In tempi in cui i linguaggi e la comunicazione sono diventati forza produttiva industrializzata di nuova generazione (industria post-fordista), il suo linguaggio infatti si sottrae alla mercantilizzazione e all’omologazione, e anche perché il soggetto, che nel tempo ne ha costruito la casa, è un soggetto collettivo concretizzatosi nel patrimonio comune della poietica che gli ha dato vita e consistenza.
L’opera pittorica di copertina, che potenzia la semantica poetica di Ero(s)diade, è del pittore Giacomo Cuttone, e porta il titolo “L’isola non è arrivo 2”.

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