domenica 23 giugno 2013

L’immagine della Città di Marsala va al “mercato” e in tribunale? …altre offerte?

La Città di Marsala, secondo le ultime stime demografiche, dovrebbe avere una popolazione di 82.585 “anime”. Tutti questi soggetti, nessuno escluso, in quanto essere umani (prima) e cittadini (poi), sono titolari dell’immagine della Città come valore assoluto. Per il suo campo di significanza – che, qui, ne qualifica il valore in termini di “dignità” o “indegnità” – basti il semplice richiamo alla Carta costituzionale italiana, alle Dichiarazioni dei diritti universali, e alle altre Carte e Convezioni europee e mondiali. Un insieme culturale, politico, istituzionale e giuridico che per i vari aspetti ne chiarisce i nessi indissolubili e inalienabili con il senso della logica del “comune” quale presupposto e fondamento. Un fondamento che non può essere fatto proprio (in esclusiva) da nessuno. Qualunque sia la sede, nessuno ha titolo per dispensare o negare la qualità di homo dignus. Tutti, specie se si esercitano funzioni di rappresentanza e autorità pubblica, si è tenuti a non dimenticare che nell’esercizio e nella tutela della libertà e dell’eguaglianza come ‘égaliberté’ (E. Balibar), l’eguale-libertà, è determinata solo dalla dignità propria di essere e di appartenere all’umanità, piuttosto che per titoli di “proprietà” impropri e status. O solo perché il caso ha temporaneamente investito qualcuno di una qualche rappresentanza e funzione pubblica, questi pensa di identificarsi con la funzione socio-politica e culturale che, momentaneamente, intreccia il suo essere con il suo sembiante di funzione. Chi incorre in questo errore, dice Jacques Lacan (filosofo e psicoanalista), si segnala come soggetto dell’iperidentificazione o della “clinica dell’identificazione solida”; il soggetto cioè che, nonostante le pretese “del buon ordine”, è dimentico dell’Altro e dedito al godimento narcisistico (nel caso) del consumo del potere. E solo per un’altra grandezza di riferimento fra le altre, che si sono provate a riflettere sull’intreccio di verità, diritto, democrazia, dignità, potere, etc., ricordiamo il “tratta l’uomo sempre come fine e mai come mezzo” di E. Kant. L’uomo che dedicò l’azione del pensare e del rapportarsi all’uscita dallo “stato di minorità” come esercizio di autonomia morale e intellettuale e critica dei limiti della ragione teoretica, pratica ed estetico-politica. Ma cosa succede quando una Giunta e un Sindaco, nel caso le attuali Autorità amministrative della Città di Marsala, e, senza un confronto (per quanto ne sappiamo per adesso) con Il Consiglio Comunale; e, soprattutto, senza il coinvolgimento diretto e pubblico della Cittadinanza, denunciano un cittadino (nel caso Giacomo Di Girolamo) per il suo esercizio giornalistico? Un’attività, questa, tesa a curare, fino a prova contraria, l’informazione conoscitiva come esercizio pubblico garantito, oltre che (e prima di tutto) nell’accezione di “bene comune”?; o di quella l’informazione e conoscenza che, nella società della conoscenza, non può più essere pascolo privilegiato di pochi e dei media di potere o delle verità costruite dal potere stesso, bensì, appunto, bene comune. Quel bene comune (generale) che lo stesso mondo del diritto liberal-democratico classico (modello oramai in crisi e screditato: la legge elettorale “Porcellum” è già norma ripugnante nel suo stesso nome!) tuttavia non disconosceva, e che quello di nuova generazione ormai si sta attrezzando per aggiornarsi in tal senso? L’interrogativo ci s’impone. Chi scrive non ha a disposizione (una premessa d’obbligo) né gli atti del caso né i documenti che vorrebbe “leggere” in proprio. E per questo, in data 13 giugno 2013 (n. 52989 del protocollo generale del Comune), ha fatto domanda al Sig. Sindaco di Marsala, Sig.ra Giulia Adamo (e.p.c. al Presidente del Consiglio comunale di Marsala), perché sia rilasciata copia (in carta libera) della delibera di Giunta e di tutti i documenti e gli atti che hanno portato alla denuncia del giornalista Giacomo Di Girolamo; il cittadino e giornalista marsalese che sarebbe “reo” di “offesa” all’immagine della Città nella persona del Sindaco, Giulia Adamo -“Notre-Dame”. Il Giacomo Di Girolamo (che come tutti i cittadini ha diritto di controllo e critica del potere pubblico), inoltre, è anche chiamato, dallo stesso Sin-daco (dal greco “σύνδικος, 'patrocinatore', composto da σύν, 'con, insieme', e δίκη, 'giustizia'”), a un contenzioso di ordine civile. Un contenzioso civile che, nel caso di sentenza favorevole alla Sig.ra Giulia Adamo, condannerebbe il reo (ma le verità processuale non sempre rispecchiano le verità storiche: giustizia non è fatta; e perciò neanche la “δίκη” del sin-daco, delegata a un tribunale, sortisce infallibile sicurezza!) a un risarcimento pari a “€” cinquantamila, riducendo così la battaglia per la verità, la dignità e l’immagine della Città offesa alla logica del mercato dell’immagine (brand management; branding marketing?) e del suo godimento consumistico secondo il diktat del “discorso del capitalista” (J. Lacan). In attesa di poter leggere (e leggere fra le righe) i documenti richiesti, per ora, tuttavia, non possiamo non porre alla Città un qualche pour parler, ça va sans dire. Identificare l’immagine di una Città con quella di una singola persona, e per di più quando questa riveste una carica di rappresentanza pubblica, ci pare che sia un retrocedere politico-istituzionale all’età pre-rivoluzionaria del re Sole: “l’état, c’est moi”!; e in questa luce del sole non può mai esserci la luce del sole quale “il migliore disinfettante” (Louis Brandeis), perché “una città che sia di un uomo solo non è una città” (Sofocle, Antigone). La parola dignità e indegnità – anche a non voler considerare la gravità di una cultura e di una civiltà degradate (misurate con i meriti dei criteri quantitavi e dei punteggi statistici), di una scuola e di una formazione (omologate al mercato) che riducono la vita a debiti, crediti, quiz, selezioni di merito, giochi borsa e godimenti mercificati... – hanno una lunga e travagliata storia semantica. Ricche di polisemia, la cultura, la politica e il diritto hanno da tempo cercato di delimitarne i contorni; ma la storia, la cultura e i rispettivi processi evolutivi, delle società, ne hanno sempre ri-posto i termini e i limiti per circoscriverne ambiguità e ambivalenze. Ma se il prezzo in denaro, chiesto dal Sin-daco Giulia Adamo e dai legali che l’assistono, è di € 50 mila, a quanto ammonta la quota che mi spetterebbe, considerato che la denuncia nei confronti del compagno di strada (Giacomo Di Girolamo) è stata fatta anche “a nome mio” ? Chi scrive è un cittadino marsalese che il Sindaco della Città, per logica deduzione e associazione, difende in “immagine” e “dignità”? Se è così, o parte della Città, così come tutti, non esclusa la Sindaca, credo allora che una parte del bottino mi spetti; credo di avere diritto, nel caso di vittoria tribunalizia del Sindaco, a chiedere il reclamo e il versamento che mi spetta per diritto: 50 (mila €) : 82.585 (anime) = € 0,605436822 (a testa)! Irrisoria e miserevole quota-parte, Sig. Sindaco & Giunta & Consiglio! E tuttavia non si può negare a ciascun cittadino il diritto all’incasso. Il “discorso del capitalista”, in epoca di riaggiornata reificazione marxiana e di “evaporazione del Padre” (J. Lacan), dell’ordine simbolico e dell’etica della tecnica politica governamentale odierna, calzati dal “carisma” che s’incarna nell’ideale identificazione con il “discorso del padrone” e il godimento dell’iperidentificazione, valuta così tanto tanto il valore del suo Primo Cittadino e così tanto tanto quello dei suoi fratelli pari (?). È forse questo il tenore dell’efficienza e della felicità che le Città dell’universo del modello “Cacania” (R. Musil, L’uomo senza qualità) hanno programmato e finalmente realizzato per i postumani glocalizzati del nuovo Impero?

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